Arte e Scienza al CERN
L’essenziale è invisibile agli occhi!
“Che cosa c’è oltre quello che conosciamo? Comprendiamo solo 4-5% dell’universo intero… abbiamo bisogno di un indizio per ritrovare la via maestra, cercando disperatamente dov’è la nuova fisica. Che cos’è la bellezza per uno scienziato?
I tessitori di tappeti inserivano volutamente un piccolo difetto nel loro intreccio, poichè temevano che le trame troppo perfette avrebbero impriogiato le loro anime per l’eternità.
Come gli artisti, i fisici hanno bisogno dell’immaginazione per avvicinarsi alla verità. La bellezza è simmetria, e spesso le ragioni di ciò che ci attrae in natura vengono definite a livello ingegneristico: la fisica deve essere bella per raggiungere la verità, così attraente da risultare incomprensibile, nella sua complessità.”
«Il regista Valerio Jalongo nel raccontare il CERN è chiaro fin dal titolo del docufilm, in cui ha cercato di raccontare il lavoro dei 10.000 scienziati, che arrivano da nazionalità e culture diverse, insieme collaborano per trovare risposta alle domande fondamentali della vita.
Quattro anni dopo la sensazionale scoperta del Bosone di Higgs, il CERN è alla vigilia di un nuovo, eccezionale esperimento: un viaggio nel tempo più lontano e nello spazio più piccolo che possiamo immaginare. Così, l’infinitamente piccolo e la vastità dell’universo schiudono le porte di un territorio invisibile, dove gli scienziati sono guidati da qualcosa che li accomuna agli artisti. Tra queste donne e questi uomini alcuni credono in dio, altri credono solo negli esperimenti e nel dubbio. Ma nella loro ricerca della verità, tutti loro sono in ascolto di un elusivo sesto, o settimo senso… Il senso della Bellezza.
“Dal 2011 ogni anno il Cern ospita quattro artisti per tre mesi” spiega Monica Bello, spagnola, responsabile del programma Arts CERN. Coreografi, esperti di arte digitale e di allestimenti multimediali: ha accolto tutti, affiancandoli a uno scienziato mentore. “L’unica condizione è che gli artisti non siano solo alla ricerca di una scenografia, ma abbiano voglia di capire”. Molti di loro raccontano la propria esperienza in questo docufilm: in una danza di corpi e particelle, colori e traiettorie, note e risonanze, circuiti elettrici e pennellate, galassie e caverne, come quelle – gigantesche – che ospitano gli esperimenti di LHC, il Large Hadron Collider del Cern.
E’ “una macchina poetica” sostiene il regista V. Jalongo. Perché con i suoi 1.300 magneti di 15m ciascuno raffreddati a -272°, è stata concepita “per andare a caccia di risposte”, e non per una necessità produttiva. Ma nulla potrebbe senza intuizione, creatività, capacità di immaginare tracce invisibili. Da sempre l’uomo si chiede chi è. Da dove viene. Dove va. Da sempre lavora per rispondere a queste domande. I fisici sono in cerca d’impronte, nuove traccie di energia alcune lasciate da altre particelle, che ridefiniscono alla radice la parola immaginare.»
Il film ha aperto la terza edizione del “Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo – Immagini dalla Realtà”. E la serata è stata una continua ricerca alle domande e alle risposte che ancora ci sfuggono. Ma la meraviglia di ogni piccola scoperta o indizio, raggiunge l’apice nella consapevolezza che abbiamo ancora moltissimo da capire, da concepire. Mai avremmo pensato che scienziati e artisti potessero trovare così tanti punti in comune, ne che un regista e un mediometraggio riuscissero in poco tempo a ribaltare la nostra visione dell’universo. Ma per poter trovare quelle risposte necessitiamo di tempo e della capacità e consapevolezza, che non le troveremo mai, se lasciamo al nostro egoismo, d’essere la guida per il futuro. La biofilia può aiutarci nella conservazione non solo della biodiversità e della nostra terra, ma nella comprensione della responsabilità delle domande che rimangono e ancora ci aspettano… oltre l’universo stesso.
Nato a Bolzano nel 1966, ha conseguito nel 1991 la Laurea in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Parma con una tesi su “Ecofisiologia della migrazione autunnale del Forapaglie (Acrocephalus schoenobaenus) in una stazione dell’Italia continentale“. Nel 1992 ha vinto un Dottorato di Ricerca in Biologia Animale (Etologia) presso l’Università degli Studi di Pisa, che ha portato alla stesura della tesi “Componenti stabili e transitorie di una comunità ornitica del litorale tirrenico toscano“. Nel 1996 ha vinto una borsa di studio per il progetto di ricerca “Ecofisiologia e fenologia delle migrazioni – Ecologia delle zone umide ” presso l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. Nel 1997 ha vinto un concorso per “Tecnico di Zoologia dei Vertebrati e Museologia Scientifica” presso il Museo Tridentino di Scienze Naturali (MTSN) di Trento. Occupandosi ancora di mostre, ricerca e divulgazione.
Non c’è una definizione matematica della bellezza però quando la vedi la riconosci.