ZOMBI – IL CONSUMISMO CHE CONSUMA
«La notte di Halloween è arrivata e il Cineteatro di Borgo si tinge di rosso, nelle giornate dedicate al brivido, non poteva mancare una proiezione a tema: Zombi – Dawn of the Dead di George Romero, capolavoro del 1978 e grande classico del genere horror.
Questo film inaugura un filone complessivo di 6 pellicole e porta sulle scene, per la prima volta in modo così pervasivo, l’innovativa figura dello zombi. Nell’America devastata da un misterioso virus che trasforma i cadaveri in mostri affamati di carne umana, 4 protagonisti -Jane, Roger, Stephen e Peter- tentano una fuga disperata, mentre schiere dei non morti conquistano la città.
La scelta di questo film da parte dello staff del Cineteatro e dell’Associazione Slow Cinema, denota tutta la loro sensibilità artistica e sociale, Zombi è soprattutto una critica politica al consumismo che consuma, all’assenza di senso critico che trasforma i cittadini in zombi. Oggi, la figura metaforica è più reale che mai.
Torniamo un po’ indietro nel tempo… il film esce dieci anni dopo il ’68, simbolo di tutte le grandi lotte contro capitalismo e beni superflui in favore di uguaglianza e libertà, quando queste lotte odorano di passato e vi aleggia sopra lo spettro del fallimento. Che significava allora mettere al centro della scena un non-morto privo di capacità cognitive e di emotività, disumano fino al cannibalismo?
Nella simbologia di Romero la metafora dello zombi non potrebbe essere più chiara e radicale: esso rappresenta l’uomo moderno dedito unicamente allo sfrenato soddisfacimento dei suoi impulsi. L’uomo-zombi moderno è egocentrico e privo di coscienza. Ecco allora che lo zombi cinematografico non pensa, ma ha un unico desiderio, quello di mangiare. Il cibo è usato qui come simbolo primario del consumo in generale, che sembra guidare ogni esistenza. Terribilmente profetica risulta la scena in cui gli zombi si radunano al centro commerciale e il protagonista afferma: “Perché tornano qui? Dev’essere l’istinto, il ricordo di cosa erano abituati a fare. Era un posto importante quando erano vivi”. Fra tutti i luoghi che possono rimanere impressi nella vita di uomo, il centro commerciale è sicuramente uno dei più tristi a cui appigliarsi, a cui ancorare l’esistenza. Insomma, Romero, afferma che oggi l’uomo ha in mente principalmente l’acquisto e il possesso.
Altre caratteristiche simboliche sono rappresentate dallo zombi che cammina con le braccia a mezzaria e il passo ciondolante. Procede rigidamente e lentamente, non in modo fluido e spontaneo. Che significa questo metaforicamente? Ancora una volta ciò è collegato al pensiero: lentezza e rigidità di ragionamento sono elementi tipici della modernità. Il regista ritiene la moderazione, l’attenzione per i dettagli e le sfumature, la contrarietà alle etichette, atteggiamenti non propri dello zombi-cittadino. Quanto l’incapacità di comunicare. Poiché la comunicazione deriva dal pensiero ed il pensiero dalla comunicazione, l’argomentazione, l’espressività. La modernità ha abolito i discorsi profondi in favore di una superficialità cieca. Non a caso il film si apre con un Talk show, con l’idea di manovrabilità delle masse, come quella di una marionetta.
Il messaggio però, non si conclude qui, e la metafora sprigiona tutta la sua intensità in un aspetto spesso sottovalutato in questo tipo di opere: il contagio.
Gli zombi contagiano i vivi, omologandoli alla massa dei non-vivi. Ed è questo il vero problema della nostra società, secondo il regista: chi non vuol pensare, finirà per contagiare chi crede ancora nella forza della critica, per convincerlo ad unirsi all’assai rilassante assenza di cervello. I quattro protagonisti -che rappresentano tutti coloro che combattono questa situazione- cosa possono fare? Scappano. Ma dove scappare se gli zombi sono ovunque, se la società è ovunque, se questo sistema è ovunque? Il dilemma è questo: esiste una soluzione? Il finale sembra quasi evocare l’inesorabile destino che ci attende e che forse attenderà chi non vuol smettere di pensare: adeguarsi. Questi sono solo alcuni spunti che offre questo film, oltre al piacere di lasciarsi prendere dal brivido tipico del genere horror.»
Il nostro immenso ringraziamento va a Lucia Ferrai di FILOS – Qual’è la tua Itaca? per aver così sapientemente espresso la sagacia critica della pellicola; ed averci aiutato a editare questo scritto, partecipando al progetto.